Il racconto della Parigi Roubaix per amatori

L’Inferno del Nord

Il primo week end dell’ottobre 2021 insieme ad Alberto, Raul ed Enrico sono andato a fare la mitica Parigi Roubaix, cioè la Regina delle classiche della bicicletta.

È anche nota come “L’inferno del Nord”, dato che si corre nel freddo, con fango e, soprattutto, su tanto pavé. Invero, l’elemento caratterizzante il percorso sono i tratti di strada pavimentati con cubi di porfido che frenano la corsa e provocano continui sobbalzi e vibrazioni, mettendo in difficoltà ciclisti e relativi mezzi meccanici con forature, rotture e frequenti cadute.

Abbiamo guidato il camper per 2740 km per andare a provarne il tracciato (lungo 145 km). Perché? La risposta in queste due citazioni di Pascal Sergent e Francesco Moser.

Quando a Moser – che ne ha vinte tre seguito – chiesero se ci fossero dei segreti per affrontare la Roubaix, questi rispose:

Il primo è la paura. Deve sparire. Va cancellata. È un sentimento che spesso viene associato alla Roubaix. Ma io dico: chi ne ha, stia a casa. Quelle pietre sono devastanti, non perdonano. Sono crudeli, non hanno pietà. Ma vanno sfidate. Aggredite. Dominate, non subite. A volte ti trovi a dover schivare buche grandi come mezza ruota. Più che ciclismo, fai l’acrobata.

Pascal Sergent invece disse:

Questa gara è un gioco perpetuo. Tutto può succedere in qualsiasi momento. Cosa affascina i corridori di tutto il mondo, mi chiedi? Quando vinci la Parigi-Roubaix, entri nella leggenda, come il Tour de France e ancor più del mondiale. Ciò che attrae i corridori è la registrazione del loro nome in questa gara. Che tu la vinca o no, partecipare a questa corsa leggendaria significa mettere il tuo nome nella storia del ciclismo.

Qui di seguito vorrei raccontare la nostra esperienza, oltre a rispondere ai quesiti/commenti che hanno chiesto gli iscritti a un noto Gruppo Facebook allorché ho postato qualche foto della “nostra gara”.

L’iscrizione

L’iscrizione alla gara per amatori, che si tiene il sabato, si è effettua a questo sito: www.parisroubaixchallenge.com.

Per l’edizione del 2021 c’erano tre distanze:

  • 70 km
  • 107 km
  • 145 km (in realtà poi erano 146,1)

Chi ha scelto la 107 km (Enrico) ha dovuto fare 1,5 ore di pullman per andare al punto di partenza. Chi ha fatto la 70 km o la 145 km è invece partito ed arrivato dal celebre velodromo di Roubaix.

L’iscrizione alla 145 km è costata € 46.00. All’atto della iscrizione mi sono anche comprato (€ 20) il souvenir di pavé, cioè una replica di quello che viene consegnato al vincitore della gara dei professionisti.

La trasferta e il ritiro pettorali

Enrico è volato in aereo fino a Bruxelles; io, Raul ed Alberto siamo andati in camper. Da Treviso a Roubaix ci sono 1360 km circa. Questo significa che siamo partiti da casa giovedì 30 settembre verso le 13, e siamo arrivati alle porte di Roubaix verso le 17 del giorno successivo, giusto in tempo per recarci al velodromo a ritirare i pettorali.

La prima (spiacevole) sorpresa è stata Roubaix stessa: mi aspettavo una piccola cittadina; piena di ciclisti e camper pronti per la festa della gara. Invece, Roubaix non è altro che un sobborgo di Lille. Per arrivare al velodromo abbiamo perso due ore nel peggior traffico. Purtroppo non ho quindi trovato l’atmosfera auspicata.

Abbiamo parcheggiato il camper nel grande parcheggio dell’Auchan di Leers, dove abbiamo pernottato insieme ad altri tre/quattro camper. Luogo comunque ideale perché vicino al velodromo, con molti servizi raggiungibili a piedi (supermercato, ristoranti, ecc.), ed estremamente tranquillo la notte.

Il percorso è quello dei professionisti

Come detto, ho percorso la gara di 145 km. Questo percorso si può sostanzialmente dividere in due parti:

  1. 51 km su asfalto, che collegano Roubaix con la Foresta di Arenbeg. È un trasferimento solo per gli amatori;
  2. Dalla Foresta di Arenberg al traguardo (collocato nel mitico velodromo di Roubaix) il percorso è quello dei professionisti, in cui tratti di pavé si alternano a stradine di campagna su asfalto. Si tratta di poco meno di 100 km, di cui la metà su pavé.

In pratica, gli amatori percorrono il tratto più interessante, caratteristico e ostico della gara dei professionisti. Qui sotto la planimetria del percorso scaricato dal sito web ufficiale della manifestazione, con indicazione di inizio e fine dei tratti in pave.

Difficoltà del pavé

Il pavé della Roubaix non può essere paragonato ai san pietrini che si possono trovare nelle città europee. Su un blog ho letto che è anche molto più duro e spigoloso di quello del giro delle Fiandre (che personalmente non ho provato).

Nella Foresta di Arenberg (tratto a 5 Stelle, cioè uno dei tre più difficili) tra un cubo di porfido e l’altro c’è così tanto spazio che si infila comodamente un copertone da bici da corsa da 25 mm.

In molti tratti la strada è a schiena di asino, per cui è necessario stare nel centro, pena la scivolata. Superare il ciclista che ti precede spesso richiede una buona dose di coraggio.

Domenica 3 ottobre siamo andati a vedere la gara dei professionisti nel Carrefour de l’Arbre. Alberto indossava le scarpe da ginnastica ed aveva difficoltà a camminare perché continuava a scivolare sulle pietre coperte dal fango. Come ha detto Alessandro Ballan durante la telecronaca sulla RAI, il pavé con il fango diventa come il ghiaccio.

Durante la “mia gara” solo nella Foresta di Arenberg ho incontrato circa una decina di ciclisti fermi a cambiare camera d’aria. Mentre facevo qualche foto ho visto un tale, con una bella bici da corsa, che è entrato nella Foresta molto gagliardo: ha subito bucato e nei 10 metri che ha impiegato a fermarsi ha rotto il cerchio. Nelle 6 ore di gara mi sono imbattuto in almeno 50 persone ferme ai lati con problemi meccanici.

Nel tratto a 5 Stelle di Mons-En-Pevele ero dietro a un ciclista con la bici da corsa e ad un ciclista con la gravel: è prima caduto quello con la bici da corsa; la gravel che lo seguiva ha sbandato ed è finita nel fosso. Io ho fatto una sterzata secca e non sono caduto (non perché più bravo), ma perché mi sono buttato sul prato con la mia mountain bike.

Molti amatori avevano pantaloni o maglie sporchi o strappati a causa di una scivolata. Mi ha impressionato soprattutto un ragazzo che con il volto coperto di sangue parlava al telefono, forse per chiamare il servizio sanitario messo a disposizione dall’organizzazione.

Bici da usare

I professionisti hanno usato bici da corsa (bdc) con copertoni da 32 mm.

Durante il nostro evento abbiamo visto diverse bici da corsa, ma erano palesemente in difficoltà. Ad esperienza fatta, siamo unanimemente dell’idea che per un amatore la bdc non è l’opzione migliore. Anche avessimo una bici con freni a disco che monta un 32 mm, il timore di danneggiarla è notevole. Oltre ad essere pericolosa ed estremamente lenta sul pavé.

Enrico ha preso a noleggio una bici da corsa in carbonio con ruote in alluminio da 28 mm. Per Enrico questa è stata la peggior esperienza in bici della sua vita; già dopo il secondo tratto in pavé avrebbe desiderato ritirarsi; il dolore alle braccia e alle spalle era insopportabile; a distanza di una settimana ha ancora le vesciche sulle mani. E` opportuno precisare che (i) Enrico e` abituato a soffrire, essendo un triatleta che completa le iron man e (ii) quanto riportato da Enrico si legge su molti blog e articoli di cicloamatori che hanno provato la Roubaix con bici da corsa.

Molti possono pensare che la bici da corsa è lenta sul pavé ma molto più veloce sull’asfalto e quindi complessivamente più veloce. In realtà a livello amatoriale non è così, perché tranne eccezioni nei tratti di pavé chi corre in bici da corsa rallenta per riposare e, soprattutto, per sciogliere la muscolatura degli arti superiori.

I rimanenti tre (il sottoscritto, Alberto e Raul) pur avendo bdc hanno deciso di non caricarle in camper, non riuscendo a montare copertoni di diametro superiore a 25 mm, e la stessa organizzazione dell’evento si raccomanda di usare ruote maggiori di 28 mm.

Alberto e Raul hanno noleggiato una gravel. Forse questo tipo di bici rappresenta il compromesso migliore tra scorrevolezza sull’asfalto e sicurezza e velocità sul pavé. Segnalo tuttavia che Raul ed Alberto, nei giorni successivi alla gara, hanno avuto indolenzimento alla schiena e alle spalle.

Io ho voluto fare la gara con la mia mountain bike full in carbonio, che pesa poco più di 11 kg. Un po’ perché mi piaceva l’idea di avere la MIA bici; un po’ per non perdere le mezze ore a cambiare camera d’aria; un po’ perché le previsioni davano mal tempo e volevo evitare cadute.

Il tratto che più mi spaventava era quello di 51 km di asfalto; alla fine sono riuscito a stare con il gruppo viaggiando mediamente tra una velocità compresa (in piano) tra i 30 e 35 km/h (qui sotto una foto del trasferimento).

È innegabile che ho dovuto fare fatica, e che con un’altra bici sarebbe stato più semplice “tenere la ruota”. Tuttavia nei tratti in pavé, soprattutto quelli più ostici a 4 o 5 stelle, avevo una velocità di crociera che era il doppio delle bdc e gravel. E nei giorni successivi non ho avuto problemi agli arti superiori.

Prima di partire avevo letto un blog inglese in cui si diceva di gruppi di ragazzi del Belgio e dell’Olanda che facevano la gara in mountain bike; e che nel pavé erano i più veloci di tutti. Orbene: li ho visti pure io. Questo per dire che le mountain bike sono molte più di quello che dall’Italia si potrebbe pensare, e per confermare che sul pavé questo tipo di bici sono molto più sicure e veloci degli altri mezzi.

Dovessi riprovare la Parigi Roubaix, la rifarei con una gravel. Non credo che i tempi cambierebbero di molto, ma devo ammettere che mi ha scocciato molto entrare nel velodromo di Roubaix con le “ruote grasse”.

Per fornire una idea di massima, su 10 biciclette alla Parigi Roubaix per amatori:

  • 3 erano bdc
  • 5 erano gravel
  • 2 erano mtb

Dislivello

Diversi conoscenti e utenti di Facebook mi hanno chiesto quale sia il dislivello totale del percorso.

Il quesito me lo sono posto io stesso prima di partire. Sul sito ufficiale della manifestazione non ho trovato indicazioni; il giorno della gara non ho avviato la registrazione della traccia e quindi non ho una indicazione precisa.

Il ciclocomputer di Enrico che, ha percorso la gara da 107 km, segnava (incredibilmente) circa 600 m d+; questo significa che chi ha fatto la lunga da 145 km deve aver fatto grosso modo un dislivello di circa 1000 m d+, che corrisponde a quanto ho letto su internet.

Sensazioni

Al pari di molti cicloamatori che hanno descritto la loro Parigi Roubaix, la emozione più intensa l’ho avuta quando sono entrato nella Foresta di Arenberg. Non solo perché ero in uno dei luoghi più iconici del movimento ciclistico internazionale, ma perché nel provare per la prima volta il pavé si ha la sensazione di entrare in un frullatore. Vibra tutto; nonostante avessi una mtb con doppio ammortizzatore, avevo paura che si rompesse il cambio. Timori avvalorati dalla vista dei molti colleghi fermi a cambiare camere d’aria.

Va comunque evidenziato che ogni km di questa gara odora di leggenda del ciclismo; è bellissimo leggere i cartelli stradali e percorrere i tratti di pavé che hai per anni sentito in TV.

Io e i miei amici abbiamo tutti avuto dolore alle gambe, ancora prima di arrivare al traguardo. Anzi, già ai 50 km dall’arrivo sentivo dolori ai quadricipiti. Non ci era mai capitato una cosa simile. Volendo fare un paragone, il Sella Ronda con i suoi 1800 m di dislivello è una passeggiata rispetto a questo percorso. Anche perché se si contassero i millimetri di differenza d’altezza tra i vari ciottoli di pavé, il dislivello sarebbe pari a quello di un tappone alpino.

L’unico aspetto non completamente positivo è l’attraversamento di Roubaix (sia in uscita la mattina, sia in ingresso il pomeriggio), dato che si corre lungo la trafficata viabilità ordinaria; è vero che abbiamo trovato gli stewards e poliziotti che bloccavano il traffico per farci passare, ma correre tra il traffico veicolare non è mai il massimo.

Pensavo di provare sensazioni più intense nell’ingresso nel velodromo di Roubaix, da tutti descritto come una sorta di liberazione o la fine di un incubo. Forse questo non è stato il mio caso, avendo corso con una comoda mountain bike.

Ultima nota: il velodromo mi ha colpito perché le curve paraboliche sono ripidissime.

Quanto tempo

Con pause per fare foto, video, ristori, aspettare gli amici, ecc. abbiamo impiegato 06:26:49​ per fare il percorso da 145 km.

– 08:25 circa: Partenza dal Velodromo

– 10:10 – 10:21 Foresta di Arenberg

– 11:24 – 11:32 Ristoro n. 2 a Beauvry-la-Foret. Km 82 dalla partenza

– 13:10 – 13:16 Ristoro n. 3 a Maire de Templeuve. Km 112 dalla partenza

– 14:25 – 14:31 Ricompattare il gruppo a Hem

– 14:50 circa: Arrivo nel velodromo di Roubaix.

Tempo totale: 06:26:49

Giudizio finale

Per le conclusioni mi affido alle parole di Theo de Rooij

La Roubaix è uno schifo. Lavori come un animale, corri in mezzo al fango, ti pisci addosso, scivoli di continuo… E’ una merda. Se tornerò? Ovvio, è la corsa più bella del mondo

XXX


Il giorno successivo siamo andati a guardare la gara dei professionisti al Carrefour de l’Arbre (settore 4): altra grande esperienza, ma questa è un’altra storia.

Per altri racconti di giri in bici, clicca qui.


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