Le Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di Pirsig

Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta è un libro di viaggio scritto del 1974 dell’americano Robert M. Pirsig. Precisamente, i livelli narrativi di questa opera sono tre:

  1. Il primo è il racconto di un viaggio in motocicletta dell’Autore insieme al figlio Chris dal Minnesota alla California (nella prima parte del viaggio c’era anche una coppia di amici, che a un certo punto sono tornati a casa).
  2. Il secondo livello narrativo racconta la vita di un tal Fedro, che dall’insegnamento universitario è passato a quello dei college, per finire ad una clinica psichiatrica dove è stato sottoposto a elettroshock.
  3. Gran parte delle oltre 400 pagine di cui si compone il libro è dedicata a speculazioni filosofiche con lunghe citazioni di Kant, Hegel, Platone, Socrate, e tanti altri filosofi.

Il secondo ed il terzo livello narrativo sono intimamente legati, dato che questa opera rappresenta il tentativo dell’Autore / Fedro di rispondere ad una serie di quesiti sulla tecnologia, sul rapporto tra uomo e tecnologia, arrivando a  sviluppare una originale teoria della Qualità.

Il libro in italiano è uscito presso Adelphi nel 1981 per la traduzione di Delfina Vezzoli.

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On the road

La parte che personalmente ho preferito è stata la prima, anche perché più leggera. È la parte “on the road” del libro, in cui l’Autore descrive i paesaggi e i personaggi dell’America rurale.

America descritta da un motociclista e, quindi, da un punto di vista particolare:

Se fai le vacanze in motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in un abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di TV. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice.

In moto la cornice non c’è più. Hai un contatto completo con ogni cosa. Non sei più uno spettatore, sei nella scena, e la sensazione di presenza è travolgente.

La filosofia “on the road” del libro si percepisce nel programma del viaggio.

Chris e io stiamo andando nel Montana con due amici; forse ci spingeremo ancora più lontano. I programmi sono volutamente vaghi, abbiamo più voglia di viaggiare che non arrivare in un posto prestabilito. Siamo in vacanza.

Del resto, all’Autore c’è una frase che “ritorna in mente e non se ne va”:

Viaggiare è meglio che arrivare.

Meravigliose sono le righe che esaltano le strade secondarie, che io sono pronto a sottoscrivere e fare mie proprie (non come motociclista) ma come camperista.

Diamo la preferenza alle strade secondarie: il meglio sono le strade provinciali asfaltate, poi le statali, e ultime le autostrade. Ci preoccupiamo di più di come passiamo il tempo che non di quanto ne impieghiamo per arrivare: l’approccio cambia completamente. Le strade che serpeggiano su per le colline sono lunghe, ma in moto [camper per chi scrive] sono molto più belle…Le strade con poco traffico sono più gradevoli, oltre che più sicure, e anche quelle senza autogrill e cartelloni, strade dove i boschetti e i pascoli e frutteti si possono quasi toccare, dove i bambini ti fanno ciao con la mano e la gente guarda dalla veranda per vedere chi arriva; quando ti fermi per chiedere informazioni la risposta tende a essere più lunga del dovuto invece che più corta, e tutti ti domandano da dove vieni e da quanto tempo sei in viaggio.

L’arte della manutenzione della motocicletta

Il racconto del viaggio che, come da tradizione, si conclude con l’arrivo sulle coste della California, è intercalato da digressioni di carattere filosofico e biografico sulla vita di Fedro.

Nella prima parte dell’opera le digressioni riguardano principalmente la struttura della motocicletta e tutta una serie di approfondimenti sulla sua manutenzione. Ad esempio, da pag. 79 a pag. 82, “ai fini dell’analisi razionale classica”, l’Autore scompone la motocicletta in base alle sue parti e in base alle sue funzioni. Così, “se la si scompone in base alle sue parti, la distinzione fondamentale è quella tra apparato propulsore e apparato di marcia. A sua volta l’apparato propulsore si suddivide in motore e sistema di trasmissione. Il motore è una struttura chiusa che contiene una macchina termica, un sistema di alimentazione aria-carburante, un sistema d’accensione, un sistema retroattivo di distribuzione e un sistema di lubrificazione. La macchina termica è composta di cilindri, pistoni, bielle, albero a gomito e volano”. Io mi fermo qui, ma Pirsig va avanti così per pagine e pagine.

Mano a mano che la lettura procede, le “digressioni filosofiche” si fanno sempre più approfondite e complesse. Da pag. 133 a pag. 135 l’Autore spiega la differenza tra il pensiero di Hume e Kant applicando i concetti dei due grandi pensatori del passato alla motocicletta. Una breve sintesi aiuta a comprendere

Hume, in pratica, diceva che tutto quello che so di questa motocicletta proviene dai miei sensi. Deve essere così. Non c’è altra possibilità. Se dico che è fatta di metallo e altre sostanze, lui domanda: “che cos’è il metallo?”. Se rispondo che il metallo è duro, lucido e freddo al tatto e cambia forma senza rompersi sotto i colpi di un metallo più duro, Hume dice che ho espresso soltanto dei dati sensoriali legati alla vista, all’udito e al tatto. Non c’è sostanza. Dimmi cos’è il metallo a prescindere da queste sensazioni. E allora, ovviamente, sono fritto.

[…]

Kant ci viene in aiuto dicendo che il fatto di non poter percepire immediatamente una “motocicletta” come qualcosa di distinto dai suoi colori e dalle sue forme non è affatto una prova che la motocicletta non ci sia. Noi abbiamo in mente una motocicletta a priori che ha una continuità nel tempo e nello spazio e può cambiare aspetto a seconda della nostra posizione e, pertanto, non viene contraddetta dai dati sensoriali che riceviamo.

Da qui in poi il ragionamento di Pirsig si fa sempre più rarefatto. I riferimenti alla motocicletta diventano sempre più sporadici e sempre più spazio viene data alla ricerca della “Qualità” e alle difficoltà che si hanno nel definirla.

La Qualità…Sappiamo cos’è, eppure non lo sappiamo. Questo è contraddittorio. Alcune cose sono meglio di altre, cioè hanno più Qualità. Ma quando provi a dire che cosa consiste la Qualità astraendo dalle cose che la posseggono, paff, le parole ti sfuggono. Ma se nessuno sa cos’è, ai fini pratici non esiste. Invece esiste eccome. Su cosa altro sono basati i voti, se no? Perché mai la gente pagherebbe una fortuna per certe cose, e ne getterebbe altre nella spazzatura? Ovviamente alcune sono meglio di altre…Ma in cosa consiste il “meglio”?

Il punto centrale del pensiero di Fedro /Pirsig è che

La Qualità è una caratteristica del pensiero e dell’espressione che viene individuata mediante un processo non intellettuale, e dato che le definizioni sono il risultato di un processo intellettuale rigido e formale, la Qualità non può essere definita.

Per cercare di superare questa criticità del pensiero, nelle ultime pagine del libro l’Autore ricorre all’aiuto di Aristotele e Platone. Personalmente non credo nemmeno di aver capito bene la conclusione cui giunge Pirsig, ma in ogni caso ritengo opportuno fermarmi qui e per non “spoilerare” troppo il contenuto del libro, e perché, parafrasando il protagonista, se si ha la tendenza a fissarsi su un problema filosofico e a girarci intorno in cerchi sempre più stretti, alla fine, o si fa saltar fuori una risposta oppure i cerchi diventano così involuti, così ripetitivi, da essere pericolosi per la salute mentale.

 


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