Una parte importante dell’esperienza turistica (soprattutto, ma non solo invernale) è la sosta nei rifugi.
Se all’inizio i rifugi erano nati per dare aiuto a chi attraversava le Alpi offrendo un riparo spartano e qualcosa per rifocillarsi, oggi si sono trasformati in ristoranti o alberghi che offrono una serie di servizi a escursionisti o sciatori e talvolta superano la qualità di quelli a fondo valle.
Nel turismo invernale contemporaneo il rifugio ormai è una componente qualificante l’offerta delle varie località montane. Con la precisazione che in questa sede con il termine rifugio ci riferiamo al punto di ristoro presente lungo le piste che offre riparo e divertimento agli sciatori; in questo concetto facciamo rientrare anche le strutture che si trovano nelle stazioni di partenza o di arrivo degli impianti di risalita.
In via di prima approssimazione, si può dire che il livello delle località sciistiche è direttamente proporzionale a quello dei suoi rifugi; basta provare a sciare dapprima in Tirolo, poi in Veneto, e infine negli Appennini centrali e risulterà di tutta evidenza come (tendenzialmente) la differenza di qualità dei vari comprensori sciistici si rispecchi nella differente qualità dei rispettivi rifugi.
Sotto una diversa angolazione prospettica, una località sciistica può definirsi di alta qualità soltanto se ha dei bei rifugi sia dal punto di vista architettonico, sia dal punto di vista funzionale (non si possono fare code di 30 minuti per fare lo scontrino per un panino oppure per andare alla toilette, come a volte è capitato in rinomate località sciistiche del Veneto in alta stagione).
Dal punto di vista architettonico, con un massiccio uso del legno non ci si sbaglia mai. In Austria si sta diffondendo molto anche l’uso del vetro con linee più moderne e avveniristiche (anche con il tetto apribile nelle giornate di sole). Quello che non si può vedere sono mattoni a vista e il tetto in lamiera che abbiamo trovato in una stazione sciistica nel centro Italia.
La verità è che per costruire e gestire un rifugio di pregio o altamente funzionale è necessario effettuare investimenti, e questi ultimi possono essere sostenuti soltanto se c’è un buon giro d’affari; il quale, a sua volta, richiede un afflusso costante di sciatori. Questi ultimi, peraltro, si recano in una determinata località anche in ragione del livello di quanto offerto a supporto e corredo dell’offerta sciistica. Talune località sciistiche (esempio quelle dell’Austria o dell’Alto Adige) sono così entrate in una spirale virtuosa che porta sulle loro montagne sempre più turisti, e questo consente continui interventi infrastrutturali per migliorare la propria offerta turistica. Purtroppo, molte località italiane sono invece entrate in un circolo vizioso che conduce ad una debolissima crescita del tasso di sviluppo del turismo invernale.
Il rifugio alpino per lo sciatore ha quindi trasformato la propria fisionomia e funzione: da luogo di riparo si è trasformato in un luogo di aggregazione per il turismo di massa, con un’ampia selezione di servizi per lo sciatore: è possibile bere, mangiare a self service o la-carte; nei luoghi più evoluti è possibile lasciare i bimbi a giocare in un kindergarten; nelle località più speciali ci sono poi attrazioni peculiari, come ad esempio il museo del Trofeo dell’Hahnenkamm che si trova sulla stazione di arrivo della cabinovia di Kitzbuehel, proprio nei pressi della partenza della discesa libera della Streif. Nelle località più esclusive spesso c’è musica dal vivo, anche se in tutti i rifugi dall’altra parte delle alpi c’è sempre un sottofondo di musica tradizionale tedesco-tirolese. Forse è l’abitudine, forse l’età che sta avanzando, ma mi sono sempre più convinto che in un rifugio alpino la musica tedesca ci sta proprio bene: crea la giusta atmosfera sciistica!
Una risposta a "I rifugi per lo sciatore"