Nei Mari del Sud di Stevenson

Uno dei più famosi travel writer della storia è Robert Louis Stevenson (1850-1894), che per motivi di salute viaggiò dapprima verso importanti stazioni climatiche europee (es. DavosHyèresBournemouth), e poi in Polinesia.

Nel 1887 Stevenson partì con la famiglia per una crociera verso le isole Marchesi (Polinesia Francese), Tahiti e le Hawaii. I suoi reportage rappresentano una pietra miliare nella mondo della letteratura di viaggio e hanno notevolmente contribuito a creare il mito della Polinesia.

Il libro forse più noto dell’esperienza polinesiana è Nei Mari del Sud, un saggio sulla cultura, il linguaggio, le tradizioni, la società delle isole del Pacifico. Tutto il libro è un susseguirsi di episodi sui protagonisti di quella cultura già allora in via d’estinzione: Stevenson racconta guerre, virtù, vizi, superstizioni del mondo polinesiano. Vengono descritti il cannibalismo, i tatuaggi,  i bianchi che vendono alcolici agli indigeni e tanti altri perdonaggi, e tanti altri personaggi e costumi esotici dai quali Stevenson non riuscirà più a staccarsi.

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Nella impostazione tradizionale viene correttamente evidenziato come Stevenson, teorizzatore di una letteratura della fantasia e dell’inconscio, in queste pagine si faccia da parte per lasciare il posto allo studioso, scrupoloso e attento a descrivere una cultura diversa e inesplorata che, come tale, deve essere raccontata e non giudicata (anche quando l’autore descrive pratiche come l’antropofagia).

Altri hanno scritto che “la bellezza degli scritti di Stevenson sta nel percepire una verità antropologica e insieme dall’alto valore letterario, dal suo farsi narrazione, “fabula”, e in questo trovando un grande incontro tra l’arte propria del narrare e i racconti degli anziani delle tribù. Non a caso egli venne chiamato dalle genti di Samoa Tusitala, cioè “narratore di storie”….

Personalmente, pur riconoscendo il valore storico di questo libro, ritengo che sia un saggio la cui lettura è piuttosto pesante, e non molto avvincente. Sento di poter far mie le parole di Cinzia Giglioni (Un viaggio incompiuto: Stevenson nei mari del sud, Tesi di laurea) per cui Stevenson sembra non avere ancora la distanza critica per poter dar vita al capolavoro che ha in mente. Ci pare che la varietà e le dimensioni del materiale che ha raccolto nei mari del sud a tratti lo travolgano e non gli permettano di scriverne in proposito”. Le singole storie si interrompono in modo brusco; l’intero libro sembra essere privo di una conclusione adeguata. Mi attendevo qualcosa in più anche dal punto di vista della descrizione paesaggistica.

In conclusione, Nei Mari del sud è un libro dal grande valore storico, ma si tratta di una lettura non agevole e che mi sentirei di consigliare soltanto a chi voglia approfondire l’aspetto storico-culturale-antropologico. Ci sono altri libri e romanzi più adatti per chi voglia prepararsi (o voglia rivivere) l’esperienza di viaggio nei mari del Pacifico, a partire dal romanzo sempre di Stevenson “Gli intrattenimenti delle notti sull’isola”.


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