La trama
La luna e i sei soldi è un romanzo di W. Somerset Maugham che descrive la vita di Strickland, un agente di cambio che, per amore della pittura, lascia il sicuro e solido mondo familiar-professionale di Londra per quello meno rassicurante di Parigi prima, e di Tahiti poi.
Il romanzo è celebre perché il protagonista Strickland non è altri che il pittore Paul Gauguin; trattasi, in altri termini, della biografia del celebre pittore rivisitata dalla fantasia di Maugham, che la intreccia con la vita dell’io narrante, un giovane scrittore che si ritrova ad essere l’involontario narratore della tormentata vita di un genio incompreso.
Come anticipato, Strickland/Gauguin è un professionista della City, con moglie e due figli, e con una rispettabile e solida posizione sociale. Improvvisamente, superati i 40 anni, lascia lavoro e famiglia per recarsi a Parigi per assecondare la propria inclinazione artistica, conducendo una vita di stenti. Il percorso umano-artistico di Strickland/Gauguin lo porta, infine, a Tahiti, dove riuscirà finalmente a trovare se stesso e sviluppare serenamente tutta la propria personalità.
Questa biografia romanzata, essendo scritta da Maugham, è di una piacevole, sebbene non sempre leggera, lettura. L’Autore ha una capacità magistrale nel descrivere situazioni, concetti e sentimenti. Vediamo, a mero titolo esemplificativo, come viene spiegata la propensione al mito dell’uomo.
Nell’uomo la propensione al mito è innata. Egli si getta avidamente su tutti i casi, misteriosi e sorprendenti, della vita di coloro che si sono in qualche modo distinti dai loro simili, e inventa una leggenda cui poi si attiene con fede fanatica. È la protesta della fantasia contro la banalità dell’esistenza.
La Polinesia
A differenza di altre opere di Maugham, ne La luna e sei soldi i Mari del Sud sono soltanto lo sfondo della parte finale della storia. Qui l’Autore si concentra sugli oscuri moventi dell’artista; è una indagine su aspetti intimi ed interiori del genio artistico; pertanto, ci sono meno descrizioni della Polinesia. Sono tuttavia righe molto efficaci e che mi piacciono anche perché descrivono luoghi che ho avuto la fortuna di visitare.
Si veda, innanzitutto, la descrizione di Moorea.
A un uomo vivente non è concesso di conoscere nulla che suggerisca meglio dell’avvicinamento a Tahiti i regni dorati della fantasia. Moorea, l’isola sorella, appare in roccioso splendore, sorgente misteriosamente dal mare deserto come l’eterea creazione di una bacchetta magica. Con il suo profilo frastagliato somiglia a un Montserrat del Pacifico, e si può immaginare che cavalieri polinesiani la difendano con strani riti misteriosi che per gli uomini sarebbe sacrilegio conoscere. La bellezza di Moorea si svela man mano che al ridursi della distanza la bella forma della sue cime si fa più nitida, ma l’isola mantiene il suo segreto dinanzi alla nave che la costeggia, e oscuramente inviolabile sembra chiudersi in un’arcigna inaccessibilità di Pietra.
Altrettando magnifica è la descrizione di Tahiti.
Tahiti è un’alta isola verde, con recessi profondi di un verde più scuro, dove si indovinano vallate silenziose; c’è mistero nelle loro cupe profondità, lungo le quali scorrono mormorando freschi ruscelli, e senti che in quei luoghi ombrosi la vita si svolge da tempo immemorabile secondo regole immemorabili.
Il demone dell’artista e la Bellezza
Come anticipato, il leit motiv di questo romanzo è, innanzitutto, la vita scapestrata dell’artista, che sente di avere qualcosa di strano, e che lo legittima ad una esistenza al di fuori e al di sopra delle norme della vita sociale, familiare, lavorativa. Maugham riesce a esprimere con maestria il fascino, a volte perverso, che emana dal demone dell’arte che pone chi ne è posseduto “al di là del bene e del male”.
Il secondo ambito di indagine del romanzo è la Bellezza. Precisamente
La passione che dominava Strickland era la passione di creare bellezza. Non gli dava pace. Lo spingeva qua e là. Egli era un pellegrino perpetuo, assillato da una divina nostalgia, e il demone che era in lui era spietato.
Ma cos’è la bellezza? Secondo l’Autore è un enigma che in comune con l’universo ha il merito di essere senza risposta.
Cercava di esprimere un sentimento che non aveva mai conosciuto, e non sapeva come esprimerlo in parole comuni. Era come il mistico che cerca di descrivere l’inafferrabile. Ma una cosa mi fu resa chiara: la gente parla leggermente di “bellezza”, e non avendo discernimento per le parole usa questa parola in modo sbadato, sicchè essa perde forza; e la cosa che rappresenta, condividendo il nome con cento oggetti futili, è privata di dignità. Si dice bello un abito, un cane, un sermone; e quando si è di fronte alla Bellezza non si sa riconoscerla.
Negli ultimi anni della sua vita, nel paradiso terrestre di Tahiti, Strickland/Gauguin aveva dato finalmente la piena espressione di sé. Lavorando in silenzio, conscio che quella era la sua ultima occasione, aveva rappresentato tutto ciò che sapeva della vita, e tutto ciò che intuiva.
E forse […] aveva trovato finalmente pace. Il demone che lo possedeva era alfine esorcizzato, e con il compimento dell’opera di cui tutta la sua vita era stata una dolorosa preparazione, il riposo era sceso nella sua anima remota e tormentata. Era pronto a morire, perché aveva realizzato il suo scopo.
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Per leggere della autobiografia della esperienza polinesiana di Gauguin, raccontata in un libretto di un centinaio di pagine intitolato Noa Noa, clicca qui.
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2 risposte a "La luna e i sei soldi di W. Somerset Maugham"